Il Museo è situato nel centro storico della città, all’interno del cinquecentesco “Palazzo Giovio”, già sede urbana dei conti Giovio fino alla fine dell’800. Esso propone un percorso legato alla presentazione del territorio lariano e dell’evoluzione della città, dalla Preistoria all’epoca romana, e un’esposizione di reperti provenienti da varie parti d’Europa, Asia e Africa, facenti parte di collezioni giunte in dono all’istituzione. Il “percorso sul territoriale” prevede una serie di stanze, tra cui spiccano quelle dedicate alla Cultura di Golasecca (cultura dell’età del Ferro dell’Italia settentrionale, particolarmente ben documentata nel territorio lariano) e al municipio romano di Comum Novum (fondato da Giulio Cesare durante le sue “Guerre Galliche”).
Tra le collezioni esposte, risalta certamente come una delle più importanti, la “Collezione Garovaglio”, assemblata durante il XIX secolo dal viaggiatore e antichista Alfonso Garovaglio e donata dalla di lui figlia al comune nel 1905; essa contiene diversi reperti di varia provenienza, compresi diciannove pezzi provenienti dal Vicino Oriente Antico. Accanto a questo corpus di reperti, il museo conserva anche un archivio costituito dal Garovaglio stesso, composto dalla sua corrispondenza epistolare, da suoi scritti scientifici e dai suoi taccuini di viaggio.
Collezione Garovaglio
Variegata collezione ottocentesca composta di reperti archeologici di diversa datazione, provenienti da tutto il bacino mediterraneo e dalla Mezzaluna Fertile. La collezione, assemblata dal comasco Alfonso Garovaglio, viene costituita a partire dal 1846, a seguito di un viaggio dello stesso tra Roma e Napoli. Da allora, attraverso le vicende della vita del collettore, il corpus si amplia nel corso dei suoi viaggi in Italia, Egitto, Levante e Medio Oriente grazie a donativi di colleghi e corrispondenti, acquisti e quant’altro, arrivando a includere centinaia di reperti.
A lungo conservata presso la casa della famiglia di Loveno (CO), la collezione include reperti di età Preistorica e Protostorica, antichità fenicie, etrusche, greche e romane, e reperti provenienti da tutto il Vicino Oriente Antico, dall’Egitto alla Persia. La maggior parte delle antichità dal Vicino Oriente venne acquistata a Baghdad durante il viaggio compiuto dal Garovaglio nel 1886-87.
Alla morte del Garovaglio, avvenuta nel 1905, la figlia Adele donò l’intera raccolta al Museo Archeologico di Como, dove ancora oggi essa è custodita ed esposta. Il corpus di reperti provenienti dal Vicino Oriente Antico si compone di: 10 sigilli cilindrici di varie epoche in pietre dure differenti; 4 sigilli a stampo di età sasanide; uno straordinario mattone iscritto di età neobabilonese, realizzato per volere del sovrano Nebuchadnezzar; due frammenti di rilievi parietali neoassiri; un raro “astuccio per tavoletta” iscritto, risalente al periodo paleobabilonese (regno di Sin-Muballit); una perlina.
Accanto a questi oggetti, il Museo Civico “Paolo Giovio” di Como conserva anche un archivio del Garovaglio, costituito dalla sua corrispondenza epistolare, da suoi scritti scientifici e dai suoi inediti taccuini di viaggio.
Alfonso garovaglio
Nasce “lombardo” il 5 settembre 1820 nella piccola città di Cantù, vicino a Como, sotto il dominio austriaco. Compiuti gli studi inferiori tra le scuole di Monza e Milano, si laurea in legge all’Università di Pavia nel 1846. In quello stesso anno, ventiseienne, compie un viaggio alla volta delle città di Roma e Napoli, dal quale torna ardentemente appassionato all’archeologia. Sono però anche gli anni dell’impegno patriottico: nel 1848 partecipa alle celebri Cinque Giornate di Milano, partecipa alla Seconda Guerra d’Indipendenza nel 1859 -meritandosi una medaglia- e viene congedato dall’esercito nel 1862, a Unità ormai compiuta. Da questo momento intraprenderà, accanto ad attività politiche e culturali in patria, diversi viaggi a scopo d’indagine archeologica.
Nel 1863 si reca in Sardegna per studiare i resti culturali e le tradizioni dell’isola, tornandone profondamente colpito. Nel 1869, in compagnia dell’amico Giuseppe Vigoni, esploratore e futuro sindaco di Milano, parte alla volta di Alessandria d’Egitto, intraprendendo un viaggio di un anno durante il quale visiterà Egitto e Palestina. Al suo ritorno, ormai devoto dell’archeologia, prende contatto con diverse autorità dell’archeologia europea, partecipando a vari convegni in tutto il continente e scrivendo per diverse riviste scientifiche (nel 1872 ne fonderà una egli stesso). Nel 1886 infine, alla veneranda età di sessantasei anni, parte per il suo viaggio più lungo e avventuroso: in solitaria, percorrerà Grecia, Turchia, Sira, Mesopotamia, Persia e Arabia Saudita, terminando la sua epopea sul finire del 1887 a Bombay, in India. Di lì tornerà in patria carico di preziosissime testimonianze e rari reperti archeologici. La sua passione e il suo impegno in campo archeologico, nati durante quel lontano viaggio del ’46, lo accompagneranno fino alla morte, avvenuta nel 1905.
Lascia in dono ai posteri una variegatissima collezione di reperti archeologici, raccolti e ricevuti in dono durante il corso della sua vita, donata dalla figlia al Civico Museo Archeologico di Como; diversi scritti editi già in vita, tra cui il racconto scritto a quattro mani con Vigoni del loro viaggio del ’69; infine, i suoi inediti e preziosissimi taccuini di viaggio, conservati oggi presso l’Archivio dello stesso Museo Archeologico di Como, illustrati a mano con decine di disegni a matita da lui stesso.